Dai banchi di scuola agli esordi musicali con un gruppo jazz di cui faceva parte anche un sassofonista di nome Luigi Tenco. La passione per la musica maturata nelle serate trascorse con gli amici genovesi, Gino Paoli, Remo Borzini e Paolo Villaggio. Il primo 45 giri del 1958, Nuvole barocche, il successo di La canzone di Marinella, interpretata sette anni più tardi da Mina, e i primi album a tema. Fino ai trionfi della maturità, Creuza de mä e Le nuvole.
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Per De André, le domande sul futuro sono sempre state un inutile esercizio. Quando ha chiuso l'ultima pagina del suo libro, non sapeva ancora cosa avrebbe fatto da grande. Genovese, classe 1940, Fabrizio De André scopre a sedici anni la sua vocazione di musicista. Dopo la maturità si iscrive all'università, ma le sue scelte confermano la scarsa propensione agli studi: frequenta inizialmente medicina, poi passa a lettere, infine approda a giurisprudenza. Non si laurea, compra una chitarra e un amplificatore e si mette a suonare jazz con un gruppo di cui fa parte anche un sassofonista che qualche anno più tardi si farà un nome come cantante e autore: Luigi Tenco. Le sue giornate trascorrono dunque tra poco studio, tanta musica e serate in compagnia di Tenco, Gino Paoli, del poeta Remo Borzini e dell'allora giovane e sconosciuto Paolo Villaggio. Nel 1959 esce il primo disco, un 45 giri dal titolo Nuvole barocche, ma il successo e la notorietà sono rimandati di qualche anno. Anche perché poco dopo De André si sposa con Enrica Rignon, detta Puny, e diventa subito padre: il 29 dicembre del 1962 nasce Cristiano; Fabrizio ha solo ventidue anni, una famiglia, un hobby che non gli dà ancora da vivere e un lavoro poco amato nell'istituto scolastico del padre. La svolta nella carriera di De André avviene nel 1965, quando Mina interpreta una sua composizione, La canzone di Marinella, che diventa immediatamente un best seller e che lo impone all'attenzione generale come autore più che come cantante. Ci vuole però ancora un anno perché il suo album d'esordio veda la luce: si chiama Tutto Fabrizio De André e contiene i migliori brani scritti fino a quel momento; il 33 giri è seguito nel 1967 da Fabrizio De André Volume I. È questa la stagione più prolifica della sua carriera; escono infatti a breve distanza uno dall'altro gli Lp più amati della prima fase della sua vita artistica: Tutti morimmo a stento e Fabrizio De André Volume III (1968), La buona novella (1970), Non al denaro non all'amore né al cielo (1971). Le composizioni del cantautore genovese diventano dei classici: un pubblico formato soprattutto da giovani, da sognatori, da poeti in erba, da studenti lo elegge a suo profeta. E si aspetta di vederlo suonare in concerto, ma le attese rimangono deluse. De André infatti per anni rifiuta il faccia a faccia umano che il contatto col pubblico comporta. A tal proposito nel 1974 dichiarò: "Non faccio spettacoli perché non sono un uomo di spettacolo, perché non considero lo spettacolo un mestiere adatto a me e io desidero innanzitutto non vergognarmi mai di quello che faccio. E poi credo che piacere o non piacere al pubblico non sia una questione di muscoli facciali. Per quanto riguarda i miei dischi, essi vengono immessi sul mercato come i formaggini, con la differenza che i formaggini non è che prima li assaggi e poi, se ti piacciono, li compri; i miei dischi uno li può ascoltare liberamente e poi decidere se è il caso di portarseli a casa o meno". In quegli anni escono Storia di un impiegato (1973), Canzoni (1974) e Fabrizio De André Volume VIII (1975). All'improvviso la svolta: l'artista decide di affrontare finalmente una platea ed esordisce nel locale simbolo della Versilia, "La Bussola". "Alla mia carriera mancava una cosa: una verifica diretta con il pubblico, così ho voluto provare. È stato un grosso rischio, ma dovevo decidermi ad affrontarlo", ammette nel marzo 1975. Chi era presente all'esordio, quel 18 marzo, ricorda un De André così teso e nervoso da nascondersi nel camerino e rifiutarsi di uscire, convinto solo dalle minacce affettuose dell'amico regista Marco Ferreri. Invece va tutto bene; il cantautore, accompagnato da alcuni componenti dei New Trolls e altri amici genovesi, riscuote un grosso successo. Esplodono però le polemiche per i compensi ricevuti; si parla di trecento milioni per cento serate, una cifra oggi più che normale, ma all'epoca eclatante, e De André si lascia sfuggire che il suo desiderio, una volta incassato l'assegno, è quello di comprarsi un'isoletta delle Maldive dove avrebbe intenzione di rifugiarsi, lontano dal caos e dalla mondanità: "Ho sempre sognato, sin da ragazzo, di avere un luogo tutto per me, e che c'è di meglio di un'isola sperduta senza telefono, rumore, lontana diecimila chilometri dall'Italia, per starmene tranquillo?". Le Maldive resteranno un sogno, mentre diventa realtà l'acquisto di un'azienda agricola nelle vicinanze di Tempio Pausania, in Sardegna. In questa nuova impresa lo accompagna Dori Ghezzi, la cantante milanese alla quale, dopo la separazione dalla moglie, De André si lega sentimentalmente e che nel 1977 gli dà una figlia, Luisa Vittoria, detta Luvi. Escono nel frattempo gli album Rimini (1978) e In concerto con la PFM (1980), resoconto della lunga e fortunata tournée che Fabrizio intraprende nel 1979 insieme alla rock band. Il 28 agosto del 1979 Dori Ghezzi e Fabrizio De André vengono sequestrati, proprio nella loro nuova dimora sarda. Rimangono prigionieri dell'anonima per quattro mesi, durante i quali vivono esperienze traumatiche, incatenati a un albero, nascosti sotto teli di plastica. I ricordi di quella drammatica prigionia sono molto nitidi: "I primi giorni non ci facevano togliere la maschera neppure per mangiare, e così ci tagliavano il cibo a pezzettini e ci imboccavano. È stata un'esperienza tremenda che tuttavia ha lasciato anche segni positivi, come la riscoperta di certi affetti nascosti. Nei confronti di mio fratello Mauro, ad esempio. È stato lui a trattare coi rapitori e non dimenticherò mai il nostro abbraccio appena tornati a casa". Ma il sequesto non cacella l'amore per la sua terra di adozione. "No, anche perché quelli del Gallurese, dove stiamo noi, sono molto più continentalizzati del resto dei sardi. Quelli che ci hanno rapito invece venivano dal centro della Sardegna, da quell'isola che si chiama Barbagia dove si continua a credere che il privilegio sia togliere qualcosa agli altri, per esempio la libertà. Dove si tramanda di padre in figlio un'abitudine vecchia di duemila anni, come quella di sequestrare animali o persone. E dove non cambierà niente fino a che non ci faranno un'autostrada che li collegherà col resto del mondo". Eppure non c'è rancore, nelle parole di De André. "I rapitori erano gentilissimi, quasi materni. Sia io che Dori avevamo un angelo custode a testa che ci curava, ci raccontava le barzellette. Ricordo che uno di loro una sera aveva bevuto un po' di grappa di troppo e si lasciò andare fino a dirci che non godeva certo della nostra situazione. Anzi, arrivò a sostenere che gli dispiaceva soprattutto per Dori". Dopo un periodo di riposto, il cantante genovese torna all'attività con un album Fabrizio De André (1981), che contiene un brano Hotel Supramonte, in cui rievoca i traumi e le incertezze di quel dramma vissuto in prima persona. Nel 1984 esce il suo capolavoro, Creuza de mä: l'Lp gli vale premi e riconoscimenti a non finire e viene presentato al pubblico nel corso di una memorabile tournée con lo stesso Pagani e il figlio Cristiano, che ha intanto intrapreso la sua attività come solista. Da un successivo viaggio in Grecia, sempre in compagnia di Mauro Pagani, scaturisce l'idea di un nuovo disco di suoni marini e mediterranei, ma non se ne fa nulla, perché "questo lavoro rischiava di trasformarsi in un serial, mentre io sentivo l'esigenza assoluta, impellente, di ritornare a quelle valenze sociali che avevo un pochino abbandonato; così, d'accordo con Pagani, ho deciso di mettere una pietra sopra alle ricerche etnico-musicali in terra greca: ci siamo detti che, in fin dei conti, quella era stata una bellissima vacanza". Il 7 dicembre del 1989 De André sposa, dopo quindici anni di convivenza, Dori Ghezzi. Sei anni di silenzio, poi, nel 1990, esce Le nuvole, una nuova pietra miliare nella produzione di De André. Ispirandosi all'omonima commedia di Aristofane, il cantautore mette alla berlina gli uomini di potere del nostro tempo. A sette anni di distanza dal suo ultimo tour, De André torna a calcare i palcoscenici italiani con rinnovato, costante successo, e da questa serie di spettacoli viene tratto l'Lp dal vivo Fabrizio De André 1991 - Concerti. Alla fine dello stesso anno il giornalista Cesare Romana gli dedica un libro, Amico fragile, scritto con la sua fattiva collaborazione, che rievoca non solo gli anni fortunati della carriera musicale, ma anche i giorni lontani e i ricordi sbiaditi della giovinezza. "È un po' la storia della mia vita da quando, durante la guerra, la mia famiglia era rifugiata nelle campagne di Asti e mio padre, alla macchia, era ricercato dai fascisti. Passando attraverso l'infanzia, l'adolescenza, la scoperta del sesso, dell'amore, della musica, della politica e dei suoi spassosi e qualche volta tragici equilibrismi. Il titolo è anche quello di una delle mie canzoni nelle quali mi riconosco di più". Nel 1996 pubblica Anime salve, scritto a quattro mani con Ivano Fossati; la critica, ancora una volta, lo saluta come un capolavoro. Nel 1997 viene pubblicato Mi innamoravo di tutto, raccolta di vecchi brani scelti dall'autore fra quelli meno noti dove spiccano la versione originale di Bocca di rosa e La canzone di Marinella cantata in duetto con Mina. Poi il libro si chiude. E Fabrizio non ha ancora deciso cosa farà da grande.
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