• NOTA
    Tutte le citazioni qui riportate sono tratte da Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine e Poesie, Newton Compton, Roma 2013.



    Ah! È la nostalgia dell'altro che io avrei potuto essere che mi smarrisce e spaventa!

    Ah, non c'è nostalgia più dolorosa di quella delle cose che non sono mai state!

    Amiamo la perfezione perché non la possiamo avere; la rifiuteremmo, se ce l'avessimo. Il perfetto è il disumano, perché l'umano è imperfetto.

    Anche io sono contento, perché esisto.

    Beati coloro che non affidano la propria vita a nessuno.

    Cerco – non trovo. Voglio e non posso.

    Ci capiamo perché ci ignoriamo.

    Ciò che c'è di più banale nei sogni, è che tutti li hanno.

    Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma quello che noi siamo.

    Comincio ad avere coscienza di avere coscienza.

    Comprendere significa essere meno che uomini, perché essere uomini è sapere che non si comprende.

    Di quante complesse incomprensioni è fatta la comprensione che gli altri hanno di noi.

    Dio è il nostro esistere e questo nostro non essere tutto.

    Dire quello che si sente esattamente come si sente – chiaramente, se è chiaro; in modo oscuro, se è oscuro; in modo confuso, se è confuso –; capire che la grammatica è uno strumento e non una legge.

    È nobile essere timido, illustre non saper agire, grande non avere attitudine alla vita.

    È perfettamente inutile sperare in qualcosa.

    È tanto tempo che non sono io.

    E vedo che tutto ciò che ho fatto, tutto ciò che ho pensato, tutto ciò che sono stato, è una specie di inganno e di follia. Mi meraviglio di non essere riuscito a vederlo. Mi stupisco di quello che sono stato, vedendo che alla fine non sono stato.

    Esistere è rinnegarsi. Cosa sono oggi, vivendo oggi, se non il rinnegamento di ciò che sono stato ieri, di chi sono stato ieri? Esistere è smentirsi.

    Esisto senza saperlo e morirò senza volerlo. Sono l'intervallo fra ciò che sono e ciò che non sono, fra il sogno e quello che la vita ha fatto di me, la media astratta e carnale fra le cose che non sono niente, mentre anche io non sono niente.

    Essere pessimista vuol dire prendere ogni cosa come tragica, e questo atteggiamento è un'esagerazione e un fastidio.

    E tutto ciò che adesso faccio, tutto ciò che sento, tutto ciò che vivo, non sarà altro che un passante in meno nella quotidianità delle strade di una città qualsiasi. [parole finali].

    Felice è colui che dalla vita non esige più di quello che essa spontaneamente gli offre.

    Guadagnare quanto necessario per il mangiare e il bere, un posto dove abitare, e un po' di spazio per il tempo libero per sognare, scrivere – dormire – che altro posso chiedere agli dèi o al Destino?

    Ho considerato che Dio, pur essendo improbabile, potrebbe anche esistere.

    Ho sonno, molto sonno, tutto il sonno!

    Il maggior controllo di se stessi è l'indifferenza per se stessi.

    Il mistero della vita ci fa soffrire e ci spaventa in molti modi.

    Il piacere della fama futura è un piacere presente – infatti, è la fama che è futura. Ed è un piacere dell'orgoglio che nessun altro possesso materiale riesce ad uguagliare. In effetti, può essere illusorio, ma comunque sia, è più grande del piacere di assaporare solo che che sta qui.

    Il piacere di elogiare noi stessi...

    Il successo sta nell'avere successo e non nell'avere i requisiti per il successo.

    Il tedio non è la malattia della noia di non aver nulla da fare, ma una malattia più grave: sentire che non vale la pena di fare niente.

    In ciò che nasce possiamo sentire sia quello che nasce sia quello che morità.

    In realtà non possediamo altro che le nostre sensazioni.

    Io non sono pessimista. Non mi lagno dell'orrore della vita. Mi lagno dell'orrore della mia.

    Io non sono pessimista, sono triste.

    Io non imparo mai ad imparare.

    Io possiedo una morale molto semplice – non fare del male o del bene a nessuno. Non fare del male a nessuno, perché non solo riconosco agli altri lo stesso diritto che penso spetti a me, di non essere disturbato, ma ritengo che come male che deve esistere nel mondo siano sufficienti i mali naturali. (…) Non fare del bene, perché non so cosa sia il bene, né se lo faccio quando penso di farlo. Lo so io che danni posso causare se faccio un'elemosina? Lo so io che danni provoco se educo o istruisco? Nel dubbio, mi astengo. Ritengo, inoltre, che aiutare o chiarire, in un certo senso, significhi commettere l'errore di intromettersi nella vita degli altri.

    L'arte ha valore perché ci porta via da qui.

    L'esperienza della vita non insegna niente, come la storia non informa su alcunché.

    L'incoscienza è il fondamento della vita.

    L'orgoglio è la certezza emotiva della propria grandezza. La vanità è la certezza emotiva del fatto che gli altri in noi vedono, o ci attribuiscono, tale grandezza. I due sentimenti non sono necessariamente uniti, ma per natura non sono neanche opposti. Sono diversi ma coniugabili.

    L'universo non è mio: sono io.

    La maggior parte delle persone si ammala per non saper dire cosa vede e cosa pensa.

    La mia vita è completamente futile e completamente triste.

    La ragione è la fede in ciò che si può comprendere senza fede; ma è anche essa una fede, perché comprnedere implica presupporre che esista qualcosa di comprensibile.

    La rinuncia è liberazione. Non volere è potere.

    La solitudine mi deprime; la compagnia mi opprime.

    La violenza, qualunque essa sia, per me è sempre stata una forma stralunata di stupidità umana.

    La vita intera è un sogno. Nessuno sa cosa fa, nessuno sa quel che vuole, nessuno sa cosa sa.

    Lo spirito umano tende naturalmente a criticare perché sente, non perché pensa.

    Ma perché esprimersi? Il poco che si dice, sarebbe stato meglio non dirlo.

    Mi interrogo e non mi riconosco. Non ho fatto niente di utile né farò qualcosa di giustificabile.

    Mi irrita la felicità di tutti questi uomini che non sanno di essere infelici.

    Mi consolo con queste riflessioni, poiché non posso consolarmi con la vita.

    Mi sento vecchio solo per provare il piacere di sentirmi ringiovanire.

    Molte volte non mi riconosco, cosa che accade spesso a coloro che si conoscono.

    Nel momento in cui soffriamo, ci sembra che il dolore umano sia infinito. Ma il dolore umano non è infinito, perché nell'umano non esiste nulla di infinito e il nostro dolore non va al di là del fatto di essere un dolore che abbiamo noi.

    Nel più intimo di ciò che ho pensato non sono stato io.

    Nessuno comprende l'altro.

    Nessuno mi dirà chi sono, né saprà chi sono stato.

    Nessuno sa niente.

    Niente è importante.

    Non amiamo, ma fingiamo di amare.

    Non amiamo mai nessuno. Amiamo solo l'idea che ci facciamo di qualcuno. È un concetto nostro quello che amiamo: insomma, amiamo noi stessi.

    Non appartengo a niente, non desidero niente, non sono niente. […] Con ciò, non so se sono felice o infelice, ma non me ne importa.

    Non c'è niente di reale nella vita se non ciò che si è descritto bene.

    Non esiste impero che meriti che, in suo nome, venga ridotta a pezzi neppure la bambola di una bambina. Non esiste ideale degno del sacrificio di un trenino di latta.

    Non esiste problema se non quello della realtà, e questo è insolubile e vivo.

    Non ho mai conosciuto in tutta la mia vita un piacere maggiore di quello di poter dormire.

    Non ho mai pensato al suicidio come a una soluzione, perché io odio la vita per troppo amore verso di essa.

    Non il piacere, non la gloria, non il potere: la libertà, unicamente la libertà.

    Non mi indigno, perché l'indignazione è dei forti; non mi rassegno, perché la rassegnazione è dei nobili; non taccio, perché il silenzio è dei grandi. E io non sono né forte, né nobile, né grande. Soffro e sogno.

    Non penso, dunque non esisto.

    Non sapere di sé è vivere. Sapere poco di sé è pensare.

    Non sappiamo mai quando siamo sinceri. Forse non lo siamo mai. E anche se oggi siamo sinceri, domani potremmo esserlo per una cosa contraria.

    Non sono mai riuscito a vedermi dal di fuori. Non c'è specchio che ci rimandi a noi come persone viste dal di fuori, perché non c'è specchio che ci tiri fuori da noi stessi.

    Noto che, pur tante volte allegro, tante volte contento, sono sempre triste.

    Nulla potrà mai tradurre perfettamente ciò che una persona sente.

    Ogni uomo d'azione fondamentalmente è operoso e ottimista perché chi non prova sentimenti è felice.

    Ognuno di noi non è che un granello di polvere che il vento della vita solleva e poi fa ricadere.

    Pensare è non sapere esistere.

    Per essere felici è necessario sapere che si è felici. La felicità è esterna alla felicità.

    Per tutti noi scenderà la notte e arriverà la diligenza. Godo della brezza che mi è data e dell'anima che mi è stata data per goderla, e non mi pongo altre domande né cerco altro.

    Perché è bella l'arte? Perché è inutile. Perché è brutta la vita? Perché è tutta fini e propositi e intenzioni.

    Poco a poco ho trovato in me lo sconforto di non trovare niente.

    Possiamo morire solo se amiamo.

    Qualcuno forse sa cosa è sicuro o giusto?

    Qualsiasi sogno è lo stesso sogno, perché sono tutti sogni.

    Quante persone sono io? Chi è io? Cos'è questo intervallo fra me e me?

    Quanto più qualcuno è diverso da me, tanto più mi sembra reale, perché dipende meno dalla mia soggettività.

    Quelli che soffrono davvero non formano la plebe, non formano un gruppo. Chi soffre, soffre in solitudine.

    Quello che ci è accaduto, o è accaduto a tutti gli altri o solamente a noi: nel primo caso non è una novità, nel secondo non interessa che sia compreso.

    Quello che più mi fa male è la differenza fra il rumore e l'allegria del mondo e la mia tristezza e il mio annoiato silenzio.

    Qui, io, così...

    Regola della vita è che possiamo, e dobbiamo, imparare da tutti.

    Ricordare è riposarsi, perché significa non agire.

    Rifletto su questa cosa che chiamiamo morte. Non voglio dire il mistero della morte, che non riesco a penetrare, ma la sensazione fisica di cessare di vivere. L'umanità ha paura della morte, ma in modo indefinito. (…) Non c'è niente di più errato del ritenere la morte simile al sonno. Poerché dovrebbe esserlo, se la morte non assomiglia al sonno? L'essenza del sonno è il destarsi da esso, ma dalla morte – suppongo – non ci si desta. E se la morte assomiglia al sonno, dovremo avere la nozione che ci si desti da essa. Tuttavia, non è questo ciò che l'uomo normale si figura: si figura per sé la morte come un sonno dal quale non ci si risveglia, il che non vuole dire niente. La morte, l'ho detto, non somiglia al sonno, poiché nel sonno si è vivi e dormienti; non so come si possa ritenere la morte simile a qualche cosa, se non si ha esperienza di essa, o non si ha una cosa cui raffrontarla. A me, quando vedo un morto, la morte sembra una partenza. Il cadavere mi dà l'impressione di un abito abbandonato. Qualcuno se n'è andato e non ha avuto bisogno di portare con sé quell'unico abito che indossava.

    Riguardo alla vita non faccio teorie. Se è bella o brutta non lo so, non penso. Ai miei occhi è dura e triste, con intervalli di sogni deliziosi. Che mi importa cosa è per gli altri?

    Se mi domandate se sono felice, vi risponderei che non lo sono.

    Sì, quello che sono sarebbe insopportabile se non potessi ricordare quello che sono stato. Siamo chi non siamo e la vita è breve e triste.

    Siamo tutti uguali nella capacità di sbagliare e di soffrire.

    Solo ciò che sogniamo è ciò che veramente siamo, perché il resto, in quanto concretizzato, appartiene al mondo e a tutte le persone.

    Sono i sentimenti assurdi, le emozioni più intense, a fare più male – l'ansia di cose impossibili, proprio perché impossibili, la nostalgia di quello che non è mai stato, il desiderio di ciò che sarebbe potuto essere, la tristezza di non essere un altro, l'insoddisfazione dell'esistenza del mondo.

    Tutti coloro che dormono sono di nuovo bambini.

    Tutto ciò che facciamo, nell'arte e nella vita, è la brutta copia di quello che abbiamo pensato di fare.

    Tutto ciò che sappiamo è una nostra impressione, e tutto quello che siamo è una impressione altrui.

    Tutto è così superfluo! Noi e il mondo e il mistero di entrambi.

    Tutto è nulla, compreso il nostro dolore in questo nulla.

    Tutto mi interessa e nulla mi prende.

    Un tempo mi irritavano certe cose che oggi mi fanno sorridere. E una di esse, che mi viene in mente quasi tutti i giorni, è l'insistenza con la quale gli uomini comuni e attivi nella vita sorridono dei poeti e degli artisti. Non sempre lo fanno, come credono i pensatori dei giornali, con un'aria di superiorità. Molte volte lo fanno con tenerezza. Ma è sempre come chi accarezza un bambino, qualcuno estraneo alla certezza e all'esattezza della vita.

    Un buon sigaro e stare a occhi chiusi: questo è essere ricchi.

    Una poesia è l'espressione di idee e di sentimenti in un linguaggio che nessuno usa, poiché nessuno parla in versi.

    Vivere è non pensare.