NOTA
Tutte le citazioni qui riportate sono tratte da Epitteto, Il manuale di Epitteto, Mondadori, Milano 1994. Abbi tutto giorno dinanzi agli occhi la morte, l'esilio e tutte quelle altre cose che appaiono le più spaventevoli e da fuggire, e la morte massimamente; e mai non ti cadrà nell'animo un pensier vile, né ti nasceranno desiderii troppo accesi. Chi non può dare a un altro ciò che non ha egli? Chi ti riportasse che il tale o il tal altro dicesse mal di te, non pigliare a scusarti e difenderti, ma rispondi che egli si vede bene che questi non ha contezza degli altri difetti che io ho, perocché, sapendogli, ei non avrebbe tocco solamente questi. Egli basta bene che ciascheduno adempia l'ufficio suo. Gli uomini sono agitati e turbati, non dalle cose, ma dalle opinioni ch'eglino hanno delle cose. Per modo di esempio, la morte non è punto amara; altrimenti ella sarebbe riuscita tale anche a Socrate; ma la opinione che si ha della morte, quello è l'amaro. Guarda che quando tu vedi uomini onorati o potenti o come che sia riputati e osservati, l'apparenza non ti faccia forza in maniera che tu li creda avventurosi e felici. Perciocché se la essenza del bene sta nelle cose che sono in nostra facoltà, non deono aver luogo né invidia né gelosia. E tu per la tua parte non vorrai essere né capitano di esercito, né presidente del consiglio, né console, ma libero: e a questo ci ha una sola via, che è non curarsi delle cose che non sono in nostro potere. Il danno è di colui che s'inganna. L'essere lungamente occupato dintorno ai servigi del corpo, come dire agli esercizj della persona, al mangiare, al bere, alle necessità naturali, alle carnalità, è segno di piccola indole. Queste cose si deono fare come per transito, e tutto lo studio si dee porre intorno alla mente. Le cose sono di due maniere; alcune in potere nostro, altre no. Sono in potere nostro l' opinione, il movimento dell'animo, l'appetizione, l'aversione, in breve tutte quelle cose che sono nostri propri atti. Non sono in poter nostro il corpo, gli averi, la riputazione, i magistrati, e in breve quelle cose che non sono nostri atti. Poche risa, e non grandi, e non di molte materie. Se tu appetirai qualcuna di quelle cose che non dipendono da noi, tu non potrai fare di non essere sfortunato. Se tu ti ritroverai solo tra persone aliene dalla filosofia, tienti senza far motto. Segni che uno fa pro nella filosofia sono non parlare male di alcuno; non lodare chicchessia; di niuno lamentarsi; niuno incolpare; non favellare cosa alcuna di sé come di persona di qualche peso o che s'intenda di che che sia; provando impedimento o disturbo in qualche sua intenzione, imputare la colpa a sé stesso; lodato, ridere interiormente del lodare; biasimato, non si difendere; (...) non dare luogo a prime inclinazioni e primi moti dell'animo se non riposati e placidi; se sarà tenuto sciocco o ignorante, non se ne curare; in breve, stare all'erta con sé medesimo non altrimenti che con uno inimico o uno insidiatore. Sovvengati che tu non sei qui altro che attore di un dramma, il quale sarà o breve o lungo, secondo la volontà del poeta. Stato e contrassegno dell'uomo comune si è, né beneficio, né danno aspettarsi mai da sé stesso, ma sì dalle cose di fuori. Stato e contrassegno del filosofo, ogni qualsivoglia utilità o nocumento sperare o temere da sé medesimo. Tacciasi il più del tempo, o dicasi quel tanto che la necessità richiede, con brevità. Tu non déi cercare che le cose procedano a modo tuo, ma voler che elle vadano così come fanno, e bene starà. Tutto quello che ti parrà essere il migliore, siati in luogo di legge inviolabile. Vuoi tu darti a filosofare? Apparecchiati insino da ora a dovere essere schernito e deriso da molti. (...) E sappi che se tu durerai nel tenor di vita incominciato, quei medesimi che a principio si avranno preso giuoco di te, in progresso di tempo cangiati ti ammireranno; laddove se per li motteggi ti perderai d'animo, tu ne guadagnerai le beffe e le risa doppie. |